Ansia… come costruirla in 3 mosse
“Persino le mie ansie hanno l’ansia…” (Charlie Brown, in Charles M. Schulz, Peanuts)
IO SONO UNA PERSONA ANSIOSA. Quante volte l’abbiamo sentito dire?
E’ curioso rendersi conto di come ci si arrenda all’idea di essere “vittime predestinate” di uno stato emozionale.
Come se fossimo approdati a questo mondo con uno zaino di respiri corti, gli occhi sgranati e le mani sudate senza possibilità di fuga. Ma se così non fosse?
Mauro Pepe il mental coach di www.vinciconlamente.it, in un suo video, rovescia la prospettiva e ci spiega che a boicottarci siamo soltanto noi, ospiti amorevoli che spalancano la porta della mente e del corpo invitando l’ansia a entrare.
Mentre incolpiamo il mondo esterno, le parole di qualcuno o una situazione specifica, modelliamo il nostro malessere come un vaso d’argilla… gli diamo forma e lo cuociamo con meccanismi inconsci che ci rendono vittime inconsapevoli. Non sono prettamente gli accadimenti a determinare i nostri livelli di ansietà, ma è come li interpretiamo, come li “lavoriamo” nel forno della nostra mente.
Imparare a non cadere vittime di questo avvitamento emotivo ci può permettere di uscire dal malessere così come siamo entrati e dimostrarci che doverlo subire non è una condanna del nostro dna.
“L’ansia – o il fanatismo del peggio” (EM Cioran)
Come costruiamo l’ansia? Quali meccanismi l’assecondano e ci consegnano alle sue dipendenze?
- Mauro Pepe ci parla di tre mosse principali:
Fisiologicamente lo facciamo soprattutto con una respirazione accelerata e superficiale (di petto), infatti una maggior frequenza respiratoria è accompagnata da un aumento dei battiti cardiaci e da una sensazione di mancanza d’aria. Tutto questo incide sul nostro pensiero e ne condiziona l’emotività. - Pensare a qualcosa che ci preoccupa in questo stato è come soffiare sulla brace.
A livello di linguaggio invece, un meccanismo d’avvitamento distruttivo è quello di parlare ribadendo solo i possibili rischi di una situazione che ci preoccupa,. Continuare a descriverne solo l’eventuale fallimento, incalzare con domande improduttive come …E se non dovessi farcela? E se mi trovassi senza via di scampo?… Farlo è come convincersi da soli che il rischio è più reale di tutto. Dargli forma e aprire spazi di panico in cui gettare la fiducia. - In ultimo, un grosso errore è quello di smettere di vivere il presente spostandosi mentalmente nel futuro. Vivere nella proiezione anzichè nel qui e ora.
Perdere il contatto con ciò che è reale per abitare uno spazio ancora soltanto ipotizzato, che non può offrire risposte certe ed è come un corridoio pieno di porte chiuse. Arrovellarsi chiedendosi cosa ci sarà dietro a ogni soglia, senza poterlo sapere, significa togliere forza al considerare serenamente i propri passi.
Eppure, facile a giudizi severi, l’ansia resta un’ emozione da difendere. E’ il nostro personalissimo campanello d’allarme, un soldato trasparente di vedetta che ci avvisa quando avverte un potenziale pericolo. E’ un’emozione salva vita, una risposta strategica.
Un impulso che riceviamo per esser tesi, pronti, attenti e poterci difendere.
Non renderla una trappola, ma ascoltare la sua voce, può essere un’intesa in grado di salvare invece che una morsa in cui fallire.
Staff Inside Wellness