Moda cruelty free: etica ed estetica s’incontrano in passerella
La moda cruelty free si sta imponendo tra gli alti nomi del fashion e sta conquistando una fetta sempre più ampia della popolazione.
Moda cruelty free, abiti e accessori etici
Quando il “bello” incontra il “buono” il successo è assicurato. Del resto già gli antichi greci usavano la massima “Kalos kai Agathos”. Ed è quello che sta accadendo alla moda cruelty free che sta conoscendo un inaspettato successo tra i marchi storici del fashion e sta conquistando fette sempre più ampie di popolazione.
Si tratta di una moda etica, che esclude la sofferenza in ogni fase della produzione e rifiuta lo sfruttamento e l’uccisione di animali per dar vita ad abiti, cappotti, borse e scarpe.
I più entusiasti di questo trend sono i millenials, giovani e giovanissimi particolarmente sensibili alle tematiche animaliste nonché target privilegiato di tutte le case di moda. I millenials, infatti, rappresentano i consumatori del futuro, investiti del compito di dare la direzione alle tendenze dei prossimi anni e d’instradare gli stilisti.
E le tendenze in fatto di fashion sembrano rispecchiare una crescente attenzione all’etica e alla sofferenza animale, basti pensare che la Norvegia ha chiuso tutti gli allevamenti di animali da pelliccia e San Francisco ha messo fuori legge le pellicce a partire da quest’anno.
Moda cruelty free, i brand italiani più etici
E se Norvegia e Stati Uniti hanno adottato la linea dura, l’Italia preferisce incentivare l’acquisto di indumenti liberi da crudeltà puntando sui grandi brand dello stile.
Capostipite di questo nuovo modo di essere e fare moda è stata Stella McCartney a cui, negli ultimi anni, si sono aggregati Gucci che dal 2018 ha abbandonato le pellicce, Versace, Galliano, Margela, Armani.
Ma anche brand di casual wear e low cost hanno detto addio allo sfruttamento degli animali e hanno scelto di abbracciare una moda cruelty free. Tra i marchi principali troviamo Zara, Yoox, Asos e H&M che propongono pellicce sintetiche ed ecologiche.
Inoltre sono numerose le start up del fashion che creano abiti e accessori a partire dagli scarti alimentari, inserendosi quindi non solo nel circuito della moda cruelty free ma anche in quello dell’economia circolare. Tra queste troviamo Vegea che produce un tessuto a partire dagli scarti della vinaccia e Orange Fiber che utilizza, invece, le fibre delle arance.
Considerando che la moda è parte integrante del tessuto sociale, ne riflette e, al contempo, ne indirizza la cultura, influenzando il modo di pensare e gli stili di vita, questo ci fa ben sperare che il futuro del Pianeta sia sempre di più libero da crudeltà e sofferenze inutili.